Terese Alstin è una designer e imprenditrice di Malmö, in Svezia. Ha iniziato alcuni mesi fa una nuova avventura, l’apertura di un e-commerce chiamato No Sir: qui si possono trovare esclusivamente prodotti realizzati da “designer donne che spaccano”.
Ecco la mia intervista a Terese, effettuata tramite Skype qualche settimana fa: sono così felice di condividere la sua storia con te!
Ciao Terese, dimmi qualcosa del tuo background.
Paola, hai sentito parlare di una invenzione chiamata Hövding, il primo casco da bicicletta airbag? Beh, io sono uno delle due designer di quel prodotto: ho lavorato al suo sviluppo e alla messa sul mercato dal 2005 con la mia socia Anna Haupt.
Abbiamo aperto insieme una società e di recente abbiamo finanziato il progetto con venture capital, coinvolgendo oltre 10 investitori, per un totale di 15 milioni di euro. Ciascuno di loro aveva però un’opinione diversa su come guidare l’azienda; inoltre c’è stato qualche disaccordo con il nuovo CEO e col consiglio d’amministrazione, così abbiamo deciso di andarcene.
Ho lasciato senza realmente sapere cosa fare dopo, mi sono presa un mese di “ferie” per pensare al mio futuro e ben presto ho capito che volevo aprire una nuova società, perché dopo tanti anni mi risultava difficile immaginarmi senza lavoro o alle dipendenze di altri.
Com’è nata l’idea di No, Sir? Come l’hai sviluppata?
Ho deciso di lavorare in modo indipendente dagli altri e ho iniziato a sviluppare il progetto di No Sir nella primavera del 2015: ho scritto il business plan, contattato le banche per chiedere un prestito e poi ho iniziato la ricerca delle designer con cui collaborare.
Ho voluto concentrarmi su designer ancora agli inizi, che ancora stanno lavorando per affermarsi.
Non è stato facile, perché le donne designer non sono molto in evidenza. Ho fatto ricerche online e attraverso le mie conoscenze e poi mi sono data un obiettivo: volevo avere 40 designer al momento del lancio, così da far emergere la mia ambizione fin da subito.
Hai in programma di sviluppare il progetto anche offline?
Per il lancio volevo avere allo stesso tempo uno showroom, qualche pop-up e il sito web. Ma poi c’è voluto più tempo del previsto per lo sviluppo e ho allora deciso di lanciare prima il sito, a metà novembre.
Ora sto preparando lo showroom nel mio studio di Malmö e vorrei aprire pop-up in giro per l’Europa, nelle città in cui ho già connessioni, dove vivono persone con cui lavoro: penso a Londra, Berlino, Amsterdam e Copenaghen.
Ma questa non è la mia priorità ora, sto cercando di procedere passo dopo passo, cercando di seguire il mio intuito. Ho bisogno di un po’ di tempo: magari in autunno…
Che tipo di messaggio vuoi trasmettere con No, Sir?
Il mio intento è quello di aumentare la consapevolezza sul tema, la gente deve sapere che le designer devono lottare molto nel loro campo, in quanto non sono date loro le stesse opportunità che hanno invece i colleghi uomini.
Negli anni della formazione, le studentesse sono di gran lunga più degli studenti, ma nel periodo post-diploma hanno poi chiari problemi di collocamento, trovano più difficilmente lavoro e sono loro assegnati meno progetti, per non parlare dei premi per designer, ecc ecc.
Il mondo del design ha una gerarchia forte: opinion leader e decision maker sono di solito di sesso maschile e penso che questa situazione sia il risultato di decisioni consapevoli miste a un po’ di pigrizia, a quell’atteggiamento di noncuranza che si ha verso la questione femminile.
Non credo che i consumatori finali siano così consapevoli di questo, perché molto spesso quando un designer lavora per una grande marca il suo nome non è pubblicizzato.
Ma i consumatori non vogliono solo comprare un oggetto, vogliono anche acquistare una storia, che porta tra l’altro un gran valore aggiunto al prodotto, e credo che spesso ci si dimentichi di questo.
Tutti vincono se c’è più diversità.
No Sir sta aiutando le designer ad aumentare anche la propria consapevolezza? Hai feedback su questo?
Ho un sacco di feedback, è emozionante e davvero motivante.
Molte designer dicono di essere contenti dell’iniziativa, perché in realtà non sono abituate a situazioni in cui l’essere donna sia un vantaggio, e così si sentono davvero incoraggiati.
Siamo tutte nella stessa situazione, nella fase iniziale delle nostre aziende, quindi è importante secondo me aiutarci a vicenda.
Penso che per le donne sia più difficile cooperare, ma dobbiamo capire che ci possono essere molti vantaggi nel sostenerci a vicenda, è davvero importante collaborare: mi piacerebbe ispirare altri imprenditrici a fare lo stesso.
No Sir sta avendo una grande pubblicità, i media e i blogger come te sono molto interessati: questo è un chiaro segno che si tratta di un argomento interessante, qualcosa che la gente vuole veramente discutere e questo è il mio obiettivo.
Ma ci sono tanti decision maker che non sono interessati a prendere parte a questo dibattito, perché sono probabilmente contenti della situazione attuale: essendo un campo molto soggettivo, è molto comune sentirmi dire “non hai paura di peggiorare la situazione raggruppando donne designer insieme in questo modo? La tua azione non potrebbe avere un impatto negativo? “.
Penso che questo sia solo un modo per uccidere la discussione.
E ora, la domanda più difficile: qual è il tuo oggetto preferito su No, Sir? Perché è così speciale per te?
Ho un collegamento speciale con tutti gli oggetti in vendita, e anche con i designer che li hanno creati: sto cercando non solo progetti innovativi, ma designer che dimostrino punto di vista non convenzionali.
Comunque, se devo citarne uno solo, vorrei parlare dei tavolini Zick Zack di Olga Bielwaska, una designer polacco che vive a Amburgo.
Questo progetto è molto speciale perché ho aiutata Olga a metterlo in produzione, e in realtà è stato prodotto proprio qui a Malmö: era solo un prototipo quando l’ho scoperto e non potevo credere che nessuno avesse ancora deciso di produrlo!
Questo progetto è molto speciale per me, perché ho partecipato attivamente a renderlo possibile.